è lo squarcio nel telo -grigio, e troppe volte visto- delle nostre abitudini. coltello con cui si taglia il nodo della noia e dell’ordinarietà.
ironia permette di distinguere tra omologazione e uguaglianza: chi fa uso di ironia spezza la tediosa catena dell’omologazione ma crede nell’uguaglianza poiché ironia è riconoscimento empatico del trovarci tutti “sulla stessa barca”.
ironia è “terzo occhio”, sguardo altro, schiuma azzurra che disseta la mente; è champagne di parole che allietano/allievano, spingono i calici della mente più in alto (elevano).
è opinione comune pensare all’ironia come un attributo quasi genetico, di una persona si dice infatti che è: “dotata” di ironia; dal momento che secondo questo convincimento c’è chi l’ironia ce l’ha e chi no, spetterebbe ai primi il compito di rallegrare/illuminare coloro che non sono stati “baciati” dalla dea dell’ironia, i quali si adagiano nel ruolo passivo di ascoltatori. Questa topica andrebbe rovesciata, a partire da una pedagogia del riso e del sorriso che andrebbe insegnata/imparata fin dai primi banchi di scuola, per saper vedere il mondo a testa in giù e sottosopra, prendere lanterne per lucciole e avere sempre in tasca la carta vincente. perché chi non sor-ride è perduto veramente.